Impossible Mission Tour

CLASH CONTRO IL DIVIETO MILANO 21 MAGGIO

Hanno rispettato fìno in fondo l’immagine che si sono falti di banda maledetta e misteriosa.

Anche a Milano, la leggenda che li vuole simbolo della ribellione violenta e della suburbia si è in parte avverata e, tra decine di diapositive proiettanti un mondo negativo ed oscuro.

I quattro di Brixton hanno suonato contro il pretestuoso divieto della questura suscitando entusiasmo e incertezza.

Al di là dei gusti personali, è giusto mettere in risalto alcune cose vertficatesi al concerto dei CLASH e in generale puntualmente comuni agli altri concerti in Italia.

Innanzitutto a Milano manca un luogo adibito ai concerti capace di assorbire un afflusso di massa.

In Inverno la situazione è drammatica se si pensa che l’unico posto concesso è il Palalido; 7/8 mila persone al massimo, acustica del tutto insufficiente. In estale qualcosa di più, ovvero

II Vigorelli ormai abbandonato dallo sport e al limite per i raduni oceanici, lo stadio di S. Siro.

Entrambi non sono cerio la fine del mondo. La loro ampiezza permette una facile dispersione del suono, per non dire della visibilità del tutto scarsa, specie per quei concerti come I CLASH in cui l’immagine, l’atto visivo ha un peso determinante.

A questo si aggiungano i soliti problemi di amplificazione oltre aita menzionata stupidità dell’

«ordine pubblico» e traete le conclusioni. Perché allora non compiere un salto qualitativo

e programmare per le grosse cìttà e per i grossi nomi più date dentro teatri o. luoghi indicati?

Avviene in altri paesi, avviene per le altre arti meno diffuse, non per II rock, «anima nera” dello spettacolo.

Soldi? A parte I soliti giri di bisiness meglio spendere duemila lire in più e non sbattersi da una parte all’altro del Vigorelli per cercare di individuare il colore della camicia di Mick Jones.

Comunque, la camicia di Jones era rossa il giorno del concerto e questo grazie alla mia ostinazione di voler raggiungere una distanza dal palco perlomeno sufficiente a capire «chicazzosono» questi maledetti quattro eroi dell’ex revoluzione punk.

Arrivano preceduti da una catana introduzione registrata su nastro. Qualcuno tra i miei giovanissimi vicini, giubbotto pelle nera borchiato BAUHAUS (mammamia!), dice trattasi di BEETHOVEN, più probabilmente era il MORRICONE (Ennio) di qualche western all’itallana, ad ogni buon conio il visibilio è grande e loro (i CLASH) sul palco destano impressione con quell’aria a metà strada tra «CRUISING» e il «ROCKABILLY». Col basco e a dorso nudo il batterista Topper Headon, gran picchiatore e artefice assieme al bassista Paul Simonon, muscoliciuffo e aria da duro, del suono dei CLASH dopo l’ultima rivoluzione, quella “Sandinìsta”.

L’altra parte del palco è occupata dai due chitarristi.

Mick Jones in splendida camicia rossa ricorda KEITH RICHARDS. È un po’ divo e un po’ enfant prodige e i suoi atteggiamenti gli hanno procurato non poche critiche dai giornali inglesi.

Si muove a meraviglia dondolando la chitarra in assoli secchi e spasmodici senza concedere nulla al virtuosismo e all’improvvisazione. Joe Strummer, piccolo, scuro, il viso espressivo e ansioso cantante e chitarra ritmica, ricorda James Dean proletario, si muove continuamente avanti ed indietro, la sua voce è a volle rabbiosa a volte lamentosa e ossessiva, cela dentro di sé tutta [‘essenza dei CLASH.

Iniziano con «London Calling» ma appaiono sotto tono, sono tesi. Suonare in Italia contro la questura non rilassa nessuno, neppure loro. sandinisti più per scenografia che per fede politica.

Compaiono le prime diapositive; eserciti, carri armati, rivolte internazionali, tecnologia per il dominio, nessuna speranza.

Fanno «Safe European Home» e “White man in Hammersmith Palais” e I punks sotto il palco si scaldano.

Non c’è spazio per lutti, è un inferno, se non salti ti trovi schiacciato dagli ondeggiamenti della folta. CLASH ovvero lo “scontro» è proprio ciò che la leggenda tramanda, maledetto fascino della rivolta!

Il concerto cambia, fanno «Guns of Brixton” con i ritagli delle cronache di qualche mese (a, con la cupa voce di Simonon e con le note di basso scandite come colpi di fucile.

È in una versione mollo più sincopata rispetto all’originale, gli elementi musicali «centroamericani» introdotti con l’ultìmo triplo sono diventati l’asse centrale del liveact dei CLASH, il reggae e il funky visitati in modo personale sostengono una ritmica dura, ipnotica congeniale alle imbastardite entrate di Strummer e Jones. Headon picchia ostinatamente sulla batteria, Jones mette le mani su una specie di synth che sostituisce 11 lavoro di Mickey Gallagher e Strummer introduce “Charlie dont surf”.

Sullo schermo compaiono scene di Vietnam. Paradossalmente è uno dei momenti più «dolci» del concerto, la tré voci di Joe, Mick e Paul si sovrappongono in un sinuoso gioco di onde che dal palco si diffondono a tutto il velodromo.

È uno dei momenti più intensi dal concerto, II loro rock per un attimo si fa visionario e allucinato.

Poi con “Thè magnificent seven” pur usando l’ironia sì ritoma In strada picchiando su quel ritmo essenziale, eccitante, rabbioso.

Nessuna interruzione ed è “Somebody got murdered”, uno degli episodi migliori di “Sandinista” a scatenare le corde di Mick Jones.

Quelle dalla chitarra ti tagliano il corpo a metà, ti fanno saltare in aria, quelle vocali, sensuali e viziose, li catturano le emozioni più nascoste.

“Clampdown” chiude il concerto ira un entusiasmo che non nasconde le incertezze del momento.

Sotto II palco l’eccitazione è grande, Chi dei CLASH ha condiviso la rabbia iniziale e il recente sapore caraibico è pienamente soddisfatto, si è mosso, ha cantato, ha ballato, ha visto l’inferno, ha ceduto all’energia carismatica della voce sporca di Joe Strummer. Più ina’ieiro, dove la disianza “non regolamentare» e la scarsa amplificazione pesano, c’è perplessità Inappagata curiosità, il bis non si fa attendere, «One more lime» con quel magico dubbing che muove le gambe anche a chi non le ha, «Brand new cadillac” riffa di rockabilly, “London’s burning» diventa nel caldo del concerto “Milano’s burning”, «White riot» alza II livello dello SCONTRO.

Poi, delicatamente «Jimmy Jazz” manda tutti a casa, vecchi amanti del jazz e giovani amici di Jimmy.

Nessuna consolazione, per una volta le «buone vibrazioni» stiano a casa, Qui c’è pulso di fucili e di ritmo.

Mauro Zambelllnl





ANATOMIA DEL CONCERTO

London calling i sale european home / white man in hammersmith palais /Train in vain / Light’in strile / junco partner / guns of brixton / total control / i the call up / Ivan meets G.I. / 48 hours / charlie don’t surf / the magnificent severn / wrong em boyo / somebody got mudered / career oppurtinities / Clampdown / one more lime / brand new cadillac / jeanie jones / armagideon time / I foughty the law / London’s burning / jmmy jazz / white riot

P.S. Del concerto di Milano dal 21 maggio e già uscito un bootleg doppio. Si chiama «London + Derrry». È ottimo. Bootleg singolo anche per Firenze:

«Mission Impossible»

THE CLASH FIRENZE INTERVISTA 23/5/81

Tralasciamo di come sia saltala la conferenza stampa pomeridiana, addirittura il soundcheck, del servizio d’ordine, dei curiosi in cerca di trofei, la confusione, le 20.000 persone ristrette in uno spazio indecente per 15.000, le quattro groupies della band che fanno strabuzzare gli occhi e la mente a coloro ira noi più portati verso piaceri ravvicinati.

Il luogo è la rest room dello stadio comunale. La sala è piena, al muro manifesti del gruppo vicino a foto della vecchia Fiorentina con Kurt Hamrin a ricevere qualche coppa. Al centro un tavolo imbandito, un radio registratore che suona musica non nuova, una biondina con lo sguardo pieno di sottintesi che lali rimarranno. Strummer è, contro tutte le previsioni. disponibilissimo a parlare di cose musicali.

— immaginiamo che siate molto stanchi dopo un concerto come questo, rna la prima domanda riguarda Brìxton, visto che è da li die venite...

J.S. — Non devi chiderlo a me. Rivolgiti a quella ragazza con i pantaloni bianchi. Ha lasciato Brixton la settimana scorsa.

— Vorremmo sapere qualcosa di più riguardo tè varie Ipotesi fatte sul titolo “Magnificent Seven”. Qualcuno ha detto che o stata scritta in riferimento a Bruce Sprìngsteen ad i suoi E Streeters...

J.S. — Stai scherzando? Non capisco di cosa stai parlando.

—MI riferivo al fatto che vi hanno fatto allontanare dagli studi per occuparli loro a tempo

pieno. .

J.S. — è completamente falso. È una stronzata, L’abbiamo scritta pensando al film di Yul Brinner. Non so chi è che va in giro a raccontare queste sciocchezze. Ti posso dire che si riferisce anche a quel battiti di mano che al sentono sotto. Sono set

te colpi che vanno da una parte all’altra degli altoparlanti.

— Puoi dirci qualcosa riguardo il nuovo brano che presentate in concerto?

J.S. — SI chiama «This Is Radio Clash». Sarà un 12 Inch. L’abblamo registrata ma non siamo molto soddisfatti. A suonarla In concerto ci accorgiamo che sarebbero opportuni certi cambiamenti, modifiche. Sai come succede, no?

— Ho letto da qualche parta che in questo 1981 volete incidere ancora un’altro album.

J.S. — SI, ma non cosi alla svelta! «Sandinista» continua a vendere e non sarebbe una buona idea uscire con un altro disco. Inoitre In tre dischi c’è di che ascoltare!

— Come XXXX andato in America il vostro album?

J.S. — Non mate. Non numero uno, ma vende ancore.

CI spieghi cosa e successo con i giornalisti inglesì?

J.S. — Molti giornalisti Inglesi vogliono

PHOTO CAPTION…….Le quattro foto che compaiono in queste pagine sono di Luca Silvestri e scatlate a Zurigo. Fa eccezione questa sopra che è di E, De Pascale scattata a Firenze. Che sia Ellen Foley la ragazza viano a Mick Jones che sfoglia il Mucchio?
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essere delle rockstars. Molti di loro cercano di accaparrarsi i favori di nuove band che poi spalleggiano al momento dell’incislone. Ad esemplo quando abbiamo inciso l’ultimo LP molti ci hanno avvertito che non andava bene e che l’avrebbero stroncato.

— Hanno detto che siete cambiati, che siete differenti...

J.S. — Noi slamo venuti fuori con II punk, va bene, eravamo tra I primi. C’era chi ha detto che noi avremmo potuto maneggiare il punk. Ma, tutto è cambiato. È Unito tutto. Volevano che fossimo rimasti lì In quanto I punk vogliono sicurezza e con noi non la trovano. Noi cambiamo, ci evolviamo...

— Qaal’è la vostra opinione riguardo «Washington Bullets» dopo reiezione di Reagan?

J.S. — Adesso sì trova qualcosa nelle budella! SI trova In un casino, ma è Haig quello che dirige tutto. Quando hanno sparato a Reagan, Haig stava per incoronarsi Re D’America, come una specie di clown. È tutto fuori controllo. Intorno a chi comanda ci dovrebbe essere un maggior controllo, specie .da parte del popolo. La canzone ora riacquista significato.

— Avreste dovuto scrivere «Vatìcan Bullets»…

J.S.— È una pazzia sparare al Papa.

— Quando scrivi una canzone su un tema specifico, ad esempio un avvenimento

prettamente inglese, e sai che non tutti capiranno, non ti capita di avere dei dubbi?

J.S. — Nella Bibbia c’è una frase che dice: «Non posso vedere lo luce nei tuoi occhi, né aiutarti se I miei sensi sono offuscati dalla sporcizia». Questo è realmente vero. Mo sempre scritto con parole che mi piacevano senza preoccuparmi di altro. Parole che non potavano capire a Palermo, Tokyo, In Egitto. Ora ci sto provando.

— Questo perché la vostra popolarità sta aumentando? A proposito, cosa ne pensi riguardo il seguito che avete in America?

J.S. — Non pensare che negli Stati Uniti sia molto diverso. Noi li sentiamo un feeling diverso. Non è proprio come se

andassero ii Adam & Thè Ants o Gary Numan! Il nostro pubblico è diverso. Abbiamo suonato moltissimo negli States.

— Quello di stasera era il vostro terzo concerto di lila dopo un numero innumerevole di altri. Posti sconosciuti, gente sconosciuta che par dus ore viene avvicinata dal massaggio musicale della bandi. Ciò a qualche significato per te?

J.S. — Dopo uno spettacolo come quello di stasera mi sento come ss fossi sotto un peso più grande di me. Non pensavamo di suonare In un posto come questo. In Inghilterra di solito suoniamo davanti a 3.000 persone. Quello di stasera era una specie di «Apocalypse Now»!

— La musica da voi suonata sul palco sembra adesso uscire da un solo disco. I brani conservano lutti la stessa forza. Quale è il motivo preciso?

J.S. — Semplicemente che slamo sempre noi quattro. Vedi, in studio e ad esemplo in «Magniflcent Seven» ci possiamo doppiare. In quella canzone siamo In 16! In concerto slamo sempre solo noi. Non c’è una tastiera o la carica si riduce sempre ad una potenza sempre uguale.

— Energia, certo. C’ è un segreto che vi permette di conservaria per tutto un tour?

J.S. — Ultimamente cerco di non bere e di non fumare per reggere con la voce. Certo che quando sia! sei ore In pullman e viaggi di continuo devi cercare In qualche maniera di non annoiarti ed è facile che ti capitino dei periodi di depressione e allora...

— Mi sembra cne quest’anno, rispetto al concerto dell’anno scorso a Bologna, ci fosse molta più energia.

J.S. — Siamo stati fortunati per quanto riguarda questa data. Dopo Milano e Sanremo ci slamo sentiti meglio. Slamo arrivati, abbiamo visto la città e, considerato che questa è l’ultima data prima di partire per New York, dove suoneremo una settimana al Bonds Club, ci siamo rilassati. C’era molta energia. 11 assicuro che non tutte le sere ci capita d’incitarci e spingerci l’un l’altro sul palco come successo stasera. Puoi ritenerti fortunato.

— A proposito di New York e dei Clubs, non credi che sia motto alla moda?

J.S. — Se dobbiamo parlare di moda, allora parliamo dell’Italla dove ho rivisto del veri Mods. Qui tutti hanno stile e non solo per II modo di vestire. A New York c’è classe, ma solo a certi livelli, nel clubs...

— L’impressione che si ricava da «Sandinìsta» è che le vostre Influenze racchiudono un ascolto di tanti tipi di musica diversi l’una dall’atra..

J.S. — È vero. Ascolto musica da quando avevo 12 anni. Con II primo disco e l’avvento del movimento punk ci eravamo lasciati un poco dietro questa buona abitudine. Poi sin da «Give ‘em Enough Rope» abbiamo ripreso ad utilizzare le orecchie. Perché mal non dovrei ascoltare Ray Charles o non so chi?

— Si note molto l’influenza della musica nera di matrice americana, del soul, del blues...

J.S. — Dalle nostre partì quando eravamo giovani c’era un posto che si chiamava Topay dove c’erano un sacco di strumentisti ,che poi sono venuti fuori con li punk. Li si suonava per due lire. Topper suonava in questo posto ed allora lo odiavo il funky. Mi sono ricreduto andando a New York.

è vero che avreste dovuto suonare a Roma?

J.S. — Si però purtroppo è successo qualcosa che na a che vedere con II nostro manager e l’organizzazione. CI slamo dovuti accontentare di girarla In pullman. Un vero peccato.


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Nella pagina accanto Joe Strummer. Sotto Simenon con girlfriend. Sopra foto del publico di Firenze. Tutte le foto sono di Giorgio Battaglia.

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Ma sei contento della vita che fai?

J.S. — Certo che lo sono. Mi piace.

— e cosa pensi dei kìds che erano qui stasera?

J.S. — Non ci volevano più far andare via. Forse volevano andare completamente fuori di testa….

Passiamo a Stmenon, è in fondo alla stanza In compagnia di una ragazza di colore.

— Mickey Dread dice che sei fra i migliori bassisti reggae in giro...

P.S. — Mi fa piacere. Quando ho Incominciato ad ascoltare reggae ero un ragazzine

e andavo a sentire ti reggae nel clubs del genere di «Rock Steady» come Desmond Dekker. Mi ricordo poi che circa cinque anni fa c’era un Jukebox sul quale si poteva attaccare gli strumenti e suonare sul disco. lo non potevo suonare sul rock’n’roll perché non sentivo i giri armonici dello strumento. Allora suonavo il reggae.

— Quali sono i musicisti più tiravi in questo genere? Dipende da una torma di feeling particolare?

P.S, — Direi di no. lo ho un sacco d’Influenze come di rhythm & btues e James Bromi in particolare. Brown aveva un bassista pauroso.

— E difficile suonare In «Reggae Style»? P.S. — È difficile perché c’è motto da lavorare per riempire, par dare il movimento. La prima volta che sono salilo sul palco con la band erano otto settimane che non suonavo. Mi ha aiutato solo l’esperienza e l’energia.

— Vi sono matte persone elle sostengono che la musica, come tutti i tipi d’intrattenimento, non può cambiare il mondo. Cosa ne pensi?

P.S. — Forse non servirà a cambiare 11 mondo, ma quanto meno a cambiare le attitudini delia gente, Capisci? È Importante che sia cosi.

— Cosa senti essere ora feeling di «Guns of Brixton»?

P.S, — Brixton è al centro di una situazione cruenta. Un posto con molta gente di colore. Un ghetto. Li ti trattano male se non sei del loro. Ad esempio non puoi prendere un appuntamento in un posto perché c’è troppa polizia In giro. Troppa pressione, troppa elettricita nell’aria, La gente combatte.

Intervista di Giorgio Battaglia, Stefano Battioni, Emesto De Pascale, Gianfranco Schiavone.

CLASH FIRENZE

La prima grande operazione sul campo delia «campagna musicale estiva 1981» capita In una dolce giornata di fine maggio; l’Italia musicale ha il primo sussulto, si scuola decisamente: fa venuta sul Patrio Suolo de! Clash infiamma le anime, solleva I cuori, Gìè, non se ne poteva proprio più cfi quei palasport s I ramala* dettamente pieni, che sudata sotto quei maglioni pesanti, lo scorso inverno per vedere Joe ’King» Carrasco od i Talking Heads, ed ora, invece i Clashi iI sole, Firenze, l’aria primaverile ... tutta un’altra cosai

Certo però che questi concerti richiedono anche una bolla preparazione, si preparazione;

intendendo il termine nella sua accezione più pura. Quale maglietta indossare sui blue jeans scoloriti, quali spinette intonare al colore del capelli? Domande dalle risposte quanto mai ardue che devono aver reso insonni le notti di molte persone, visto che al defilé dei Clash, sfilata dF apertura per presentare la collezione estate ‘81 alcuni capi erano decisamente interessanti, ben studiati, attuali. Quasi tutti i reduci dalla scampagnata oltre le alpi per la tournee di Springsteen indossavano ovviamente la maglietta del “boss”. Mi hanno detto che molti hanno pianto, sotto l’infuocato palco di Zurigo : assistendo a più di tré ore di show Infuocato. Non si capisce però se le lacrime siano state veniate per (emozione che II grande Springsteen riesce sempre a suscitare, o per I! cosio della Tshirt, unico modello messo in vendita per l’occasione: 15.000 lire per una maglietta di cotonaccio. Quando si dice un idolo... Pomeriggio, fa caldo La gente arriva alla spicciolate, i dintorni dello stadio si macchiano di sacchi a pelo con relativo contenuto, si prova a recuperare la stanchezza di un viaggio a volte lungo, spesso Faticoso, avventuroso magari; si è arrivali con tulli i mezzi, come a! solilo, alcuni richiamali dall’aspetto strettamente musicale, gli altri, quelli che a stento riconoscono per radio «Spanish Bombs” sono spinti dalle ragioni più varie, ma del fenomeno non parleremo, correremmo il rischio di perderci in ragionamenti astrusi, e poi ci hanno già pensalo venditori di parole molto più illustri di noi, vaianti sociologi, studiosi del comportamento di massa ad esaminare, categorizzare e spiegare un fenomeno cosi sfuggente.

Cristo, ma potevano anche aprirlo tutto lo stadio Invece di farci ammassare tutti in quella curva; già, ma sai cosa gliene frega a loro di tenerci stivati in uno spazio così esiguo. E dire

che un concerto all’aperto non dovrebbe mal voler dire ressa per entrare, per godere in pace la spettacolo, anche se da lontano. A Firenze invece è accaduto l’assurdo che a molte persone munite di regolare biglietto è stalo impedito di vedere il concerto perché ia curva dello stadio era satura, stava scoppiando, e si sono dovute aprire le tribune laterali che offrivano una buona visione dell apparato di amplificazione, niente di più. A noi non interessa sapere se e quanta gente abbia sfondato o quanti biglietti siano stati venduti. Sappiamo solo che organizzare un tour dei Clash che vede Firenze come data più a sud vuoi dire incollarsi la responsabilità dì accogliere e garantire tutti coloro che arrivano dall’Italia dimenticata, dall’Italia cancellata dalle carte geografiche degli organizzatori (e non solo da quelle purtroppo). Mi è capitato di incontrare due ragazzi delle Puglie; avevano dovuto fare gli scrutatori per i referendum per permettersi la trasferta, dieci ore di treno, i Fucili di Brixton e poi di nuovo a casa, a raccontare a tutti quelli die non ce l’hanno fatta s pagarsi il viaggio. come si stava sirelli sotto quel palco, a dire quanta gente non ce la taceva più nemmeno a respirare, a raccontare quanti ne hanno portati via, svenuti...

Cosa vuoi dire lar suonare i Clash a Sanremo e non portarli invece a Napoli, per esempioì Perché si contìnua a ter pesare una discriminazione che non ha ragione di esistere, e la colpa non è certo dei musicisti; mi ha detto Joe Strummer dopo il concerto: «.. la nostra volonta non conta un bei niente, siamo portali ria un posto in un altro senza poter decidere nulla sulla sistemarono della gente o su qualsiasi altra cosa; ci dicono di suonare e noi lo facciamo. siamo all’oscuro di tutto il resto”.

Sala stampa dello stadio comunale, la solita atmosfera delle conferenze stampa, le eolite domandeche rispettano il copione del cattivo gusto che sembra non oovei essere mai abbandonato dai soliti «giornalisti specializzatimolti dei quali attratti più che dalla disponibilità di Mick Jones & Co. dalle bottiglie sul grande tavolo della stanza. C’è chi si è abboffato. “Non mi piacciono i giornalisti, queste stupide conferenze stampsa.. Spesso dico delle cose e poi ne trovo scritte delle altre che non mi sarie mai sognato di dire. Dopo i concerti vorrei incontrare i fans, quelli che si sgolano cantando a memoria tutte le canzoni...” (Paul Simonon tra un sorso e l’altro della sua bottiglia di cognac).

Notte fonda, (a orecchie fischiano torte per il rumore, la pancia reclama cibo, gli sbadigli sì fanno più frequenti, ricomincia [‘avventura per tornare a casa Si arrivarà sbattuti come al solito, sognando gli spaghetti della mamma ed il tettino comodo vicino al giradischi, “Sandinista» è a portata di mano. Sì matterà sul piatto domani, dopo un lungo sonno ristoratore,


INTERVIEW (WITH Mick JONES)

SAN REMO 22 MAGGIO

«Inizìamo con un’Impressipne sul concerto.... «

M.J. “Si, beh, capisco che questo è un posto di ville, è il posto dei fiori. Sa), arrivando qui ho visto un sacco di fiori, e II mio viaggio a San Remo è quello che mi ha colpito di più, ho visto come In una serie di flash cose differenti. È davvero straordinario, sai? Voi vivete nello scenario più meraviglioso del mondo, e se si viene da dove sto lo, si può veramente apprezzare II posto dove voi vivete. Senti, questa è la mia Impressione; siete ben fortunati a vivere qui. “IT’S BELLISSIMO».

«E il pubblico? «.

M.J. “Beh, il pubblico sembrava inolio ricettivo, e anche se non capiva l’inglese, sembrava comprendere il discorso del nostro gruppo. Non so se ne fosse male Informato, ma sembrava capire, e questo va bene’«

“Siete scocciati!’ perché la gente vi tira addosoc lattine e bottiglie?”.

M.J. «Sì, beh, se ci colpiscono... grazie, smettiamo di suonare, perché non riusciamo a suonare se ci fanno male, e da questo punto di vista non è una prova di grande sensibilità nei nostri confronti. Sicché non è affatto una buona cosa bersagliare il gruppo. È meglio, se hanno tanta aggressività, che la dirigano contro le forze di Babilonia. Porse non sai cosa Intendiamo per Babilonia... Sai, Bob Marley diceva: siate positivi. non negativi. Anche noi lo diciamo...

“Che significa “81 Mission Impossible Tour?’. N.B. questo e il nome che i Clash hanno dato alla loro tournee”

M.J. “Beh, il significato di questo è: lo spettacolo della tivù americana, sai, «Mission Impossible”, tu hai una missione, e devi portarla a termine Cosi, per esemplo, tu fai questa intervista. porti a casa il nastro e ti si disfa. E hai finito, non c’è più niente da fare,..

“Sai che il biglietto erg piuttot!o caro...”.

M.J. “Si, lo so, circa tré sterline. È più o meno II prezzo inglese. L’ultima volta abbiamo suonato gratis a Bologna perché II Comune comunista ha finanziato e organizzato la manifestazione; stavolta non è andata cosi, e ha dovuto pagare II pubblico. La prima volta è gratis, la seconda si paga, giusto? Ma si paga ciò che ° ragionevole da fare. A noi l’Italia piace moltissimo, e tutte le volte che potremo dare dei concerti gratis lo faremo volentieri. Non ci teniamo a poter venire a suonare qui, ma anche a poter... “manger”, e tutto il resto!».

“A proposito di mangiare... com’è la vita per i giovani a Brlixon?”.

M.J. «In Inghilterra, è una vita di merda” (ride). nChe altro posso dire? Non c’è divertimento, non ci sono posti di lavoro. Ma comunque i giovani non vogliono lavorare. Cerca di capirlo: anche se non c’è lavoro, i giovani non vogliono in realtà un lavoro, vogliono vivere la loro vita. Quanto alla gente di Brixton, sai, i giornali dicono che si tratta di una questione razziale, ina non è cosi, a Brixton ci sono anche tanti bianchi. Non è affatto una sommossa razziale, è una sommossa contro la polizia».

»Vivi a Brixton?”

M.J. “No, ma è dove sono andato a scuola, ci sono vissuto da ragazzine. sono cresciuto lì... Quando ci sono stati i disordini, nella “big night». io ero li. E ho visto. Ti dico questo: la gente non era affatto preoccupata, si divertiva un mondo; hanno sfondato le vetrine del negozi e buttato fuori in strada le scarpe. ce n’erano dappertutto, s la gente se le provava, e la polizia aveva un gran daffare» (ride) La gente si divertiva molto, rideva; sai. non è stata in tondo una faccenda cosi grave».

»Che cosa pensi dello sciopero della fame dei prigionieri dell’IRA ?.

M.J. “Io non so ... ma penso che i diritti umani in Gran Bretagna non sono come dovrebbero essere, forse... Ma finché abbiamo questo governo — sai che è un governo conservatore, un governo molto di destra — se tu non sei d’accordo con loro, finisci In guai seri, giusto? E chi ti vede più... lo non so niente, lo faccio parte di un gruppo, non faccio lo sciopero della fame... Ma ci dispiace motto, ne soffriamo, ne soffriamo parecchio e non slamo d’accordo. Solo perché slamo inglesi, questo non significa che approviamo l’oppressione di minoranze in paesi vicini o lontani. La odiamo, dovunque avvenga...”.

«So/o una parola sulla signora Thatcher?’.

M.J. (pollice verso)

«La ragione per cui la vostra musica si e evoluta verso il reggae e i ritmi centroamerìcani in generale, di album in album?”.

M.J. «Il ritmo è la cosa principale, perché il ritmo è legato alla danza.

«Si. ma il primo e il secondo album erano più duri, più violenti... “

M.J. “Il secondo album non ci piace granché...».

“Ma ne suonale parecchie pezzi nei concerti...”.

M.J. “No, non ne suoniamo nessuno, o meglio uno solo, «Safe European home».

“Cosa conta di più nella musica, la lesta o il cuore?.”.

M.J. «Il “feel”, conta più di tutto, E la spontaneità, quello che capita nel momento immediato, quello che sto sentendo Con la testa è telecomunicazione, con il corpo è chimica”.

“Divaghiamo un secondo... Cosa pensi del Papa?”.

M.J. (ci pensa su un bei po’, poi spara qualcosa di incomprensibile, quindi...)... non dico altro. Anche perché la mia ragazza è una cattolica fervente....

«che tipo di musica ascolti di solilo?”.

M.J. «Rappin’music e new reggae muslc. Sai, Hailè Selassié, Lion of Juda... e anche “Thè Mussollnl” dei “Deutsches American Frendschaft”. Questa canzone mi piace moltissimo... “Taunts to Mussolini!!!”».

“Che fai, sfotti? Serieta, Mister Jones! Quali sono i nuovi gruppi che preterisci?’.

M.J. “Fra i gruppi inglesi, “Theatre of hate” è molto buono. “Wha! Heat”. Liverpool, anch’essi abbastanza buoni. Fra gli americani, più di tutti i “Flash and Furlous”, i “1500”. Mi oiaccono molto

gli ungheresi ‘’Raphaels”. E ti voglio segnalare i “Funky four plus one more”:

questi li devi sentire, sai? Anche la “Sul Gang” E mi piace parecchio anche Diana Ross”.

«De gustibus!! Cosa fate voi per aiutare i gruppi inglesi che starino venendo Ino fuon. «

M.J. «lo li produco”.«

«Quali gruppi«

M.J. «“Theatre of hate”. E poi, gli dò tutto quello che guadagno, li tengo a casa mia e io vivo all’addiaccio come un barbone, capito? E io vivo In una scatola da scarpe! GII dò tutti i miei vestiti, cosi ho soltanto un saio e del sandali... sai. e tulio quello che ho. Ecco come II aiuto. Gli do tutti i miei strumenti, sicché io suono solo con un elastico. E gli do lezioni di tennis...».

«Ss» ricco, insemina...”.

M.J. ‘•Da far paura I Magari avessi tutti i soldi di Mick Jones... è tutto quello che posso dire» (ride).

“Che ne dici dei Sex Pistols?”.

M.J. «È un gruppo veramente grande, Sto ancora aspettando con impazienza che si ricostituisca per portare avanti un valido confronto...”.

“E la “Public Image Limited”?”.

M.J. «Si, abbastanza buoni. Il primo pezzo del loro nuovo album è eccellente”.

«E Jam?»

M.J. «Beh, non mi piacciono molto, ti spiego il perché: sono venuti In auge con [‘avanzata politica dei conservatori. “IT’S A TORY GROUP””.

«Chi sono i Clash?.’. «

M.J. «I Clash sono quattro...».

«“Si, grazie, questo lo sapevamo già... Da dove vengono?” »

M.J. «Dal niente. Veniamo dal nulla. Eravamo cosi poveri che prendevamo II lucido da scarpe, ce lo mettevamo sul piedi’e ci lustravamo gli alluci. Erano tempi terribili, tragici”, (ride) «Una vita da cani......

«Dove andate?«.

M.J. «Dovunque ci amino... Andiamo sempre avanti. Dovunque dice II manager: il manager dice, noi andiamo. Avanti... Finché non pretende di portarsi via troppa grana, per noi va bene”.

«A’/a allora comanda il manager?«

M.J. «Certo, II padrone è lui!».

«Bob Marlay e John Lennon. cosa hai pensalo Quando hai saputo che erano morti?«

M.J. . «CI sono rimasto molto male, tutt’è due le volte, molto male. Quando John Lennon fu ucciso, lo ero a New York... a una decina di isolati di distanza. In quel momento, nel Centrai Park stavano facendo del fuochi artificiali, e Intanto la gente piangeva per la strada. Gli americani erano veramente distrutti, provavano come un senso di inferiorità. si sentivano in colpa. Gli inglesi a New York sono rimasti letteralmente sconvolti, capisci quello che voglio dire, era un tale shock... sai, un ragazzo inglese... logico che fossimo tutti sconvolti. E quello era il clima. Sai, provavamo anche un certo risentimento. Ecco, piangevamo per lui... perché era un uomo, e amava la vita».

Irrtervisla a cura di Ilaria «Heartbeat« De Tassis e Roberto Arbarello

BENTORNATO COCKBURN VARESE 25 MAGGIO

è tornato Cockburn per un tour di alcune date in Italia.

Ritomo atteso dopo i favorì incontrati un anno e mezzo fa quando la sua popolarità era alle stelle, ma anche pieno di curiosità e timori suscitati dal suo recante successo discografico amBiicano. l’ultimo “Humans” (M.S.35) evìdenziava segni di cambiamento verso un suono più elettrico e più legalo alle mode de! momento e contrastava un po’ con l’ìmmagine ^solitària” a “intimista” del primo Cockburn, quello spiritualmente legato alla propria terra e al proprio micro cosmo spiriiiiale.

Sul palco del Palazzetto dallo Sport di Varese si è presentato vestito di nero e con lanio di ciuffo rafforzando l’impressione che ormai i tanto decantali abiti da “loner” gli andassero un po’ stretti e che lutto sommato un po’ di occidentalizzazione facesse comodo anche a lui.

Insieme a lui una nutrita schiera di musicisti. I soliti Dennis Pendrith a Bob Di Salle al basso e batteria. Jon Goldsmith alle tastiere, Hugh Marsh al violino e la brava Pat La Barbera ai fiati. Del vecchio Cockburn è rimasto ben poco, anche 1 brani più famosi come «Lord of stanieids” e “Ali diamond in Ihe worid» hanno assunto con la nuova strumentazione una veste più manieristica perdendo qusll’almosfera visionaria e misteriosa che avevano nel passato. Il reggae inoltre sembra essere l’ispirazione principale della musica attuale e per buona parte del concerto I brani eseguili battevano ostinatamente questo chiodo Unendo col disperdersi in banalità e facile orecchiabilità.

C’è da sottolineare che la voce e la melodia di Cockburn mal si addicono per il loro lirismo ad una ritmica del genere e se qualche pezzo. come accadeva in «Humans” e “Dancing In thè dragon’s jaw» suona originale, una sequenza prolungala di questi divenla immancabilmente noiosa e priva delle raffinatezze conosciute.

I! liveact attuale è fatto principalmente di brani degli ultimi due album menzionati rivisftati in modo completamente elettrico. Non mancano episodi positivi specie dove l’interterenza elettrica e piuttosto contenuta ed allora ecco ancora accendersi gli entusiasmi con “Wondering thè lions are”. “No foolprints”, “What about thè bond» e specialmente “Marna juat wants to barrelhouse” eseguita a due voci con Pai La Barbera.

Il pubblico, nettamente inferiore alla prima apparizione varesina, ha salutalo con simpatia il ritorno del canadese, in affetti personaggio dall’umanita semplice e cordiale che non si è risparmialo nella richiesta di bis. Bis che non si sono fatti attendere, ma che ancora una volta hanno mostrato le incertezze dello sialo artistico attuale di Cockburn, Viene eseguito Un brano strumentate in cui la pregnante Ingerenza del violino conferisce aria da jazzroek molto pasticciato e fuga ogni dubbio sulle incertezze della transizione.

Fine di un mito? La dissacrazione del miti è tanto ridicola come l’instaurazione degli stessi se eseguita con la stessa facilita e mancanza di comprensione. Certo è che, all’uscila del concerto, chi lo aveva applaudito un anno prima ora mostra tutta la sua insoddisfazione e Indecisione.

E, credetemi non fanno parte del popolo del puristi.

Mauro Zambelllnl